Le nostre parole incantate davanti a una tazza di oggi vi sono offerte dalla gentilissima scrittrice esordiente Monica Schianchi.
“Luna Calante” è un racconto strano… con un tocco di paranormale che non guasta mai!
nel piattino abbiamo: paranormal
Luna Calante
di MONICA SCHIANCHI
La Dea
Si era creduto invincibile, fino
a un secondo prima.
Si era sbagliato.
Non avrebbe mai potuto calcolare
una creatura così infinitamente superiore, così potente.
E bella.
Si svegliò di soprassalto,
Davide, avvertendo un forte dolore all’addome. Respirò affannosamente in cerca
di ossigeno, mentre con la mano stringeva forte la canotta di fronte agli
addominali. Cercò di regolarizzare il respiro, chiudendo gli occhi. Inspirò ed
espirò per qualche secondo, e quasi gli parve che il dolore si attenuasse anche
se non cessò del tutto. Si mise a sedere, cercando di stare il più calmo
possibile. Si alzò in piedi, mordendosi il labbro per non mugugnare, e
lentamente si diresse verso la finestra. La aprì e spalancò anche la persiana per
far entrare più aria: era piacevolmente fresca. Chiuse gli occhi e si godette il silenzio abbastanza omogeneo.
Erano le quattro del mattino.
Poi sentì che il dolore tornava,
più forte. Questa volta lo avvertì particolarmente vivo all’altezza del cuore,
come se stesse lavorando più celermente del solito e ogni tanto venisse anche
spietatamente schiacciato, compresso.
Si appoggiò al davanzale. Poi
fece qualche passo, cercando un supporto nell’armadio. Camminò lentamente fino
ad arrivare alla porta, per trascinarsi in bagno. Intanto il dolore all’addome
era ricominciato, se possibile addirittura peggiorato, e si andava a sommare
all’altro all’altezza del petto. Si appoggiò al lavandino e fece scorrere un
po’ d’acqua dal rubinetto per rinfrescarsi il volto. Si accorse che scottava.
Improvvisamente il dolore si
espanse ancora: arrivò fino agli arti, al collo, al volto. Quasi gridò e cadde
a terra, gemendo, mentre l’acqua del rubinetto continuava a scorrere.
Freddo.
Cominciò a sentire troppo freddo.
Poggiando le mani per terra si sollevò lentamente. Si accorse che il suo
respiro era di nuovo regolare. Aprì gli occhi: gli sembrava di non aver mai
visto tanti dettagli in quel bagno pure familiare. Si toccò l’addome. Il dolore
era sparito all’improvviso.
Fece scrocchiare il collo prima
da una parte e poi dall’altra. Inspirando si accorse di non aver mai annusato
una così vasta gamma di odori, compreso il suo, di sudore.
Si lavò velocemente e soprattutto
si sciacquò la faccia.
Si sentiva benissimo. Ancora di
più: si sentiva potente: aveva la piena consapevolezza di poter fare qualsiasi
cosa. Guardandosi allo specchio notò che le sue spalle erano più larghe, e così
i pettorali e le braccia erano diventati più grandi e massicci. Notò poi che lo
specchio sembrava essere un po’ troppo in alto rispetto al suo volto. Non era
mai stato piccolo e magro, ma adesso era davvero enorme.
Ma che importanza aveva,
dopotutto? Quella notte non era più lo stesso, quella notte nessuno avrebbe
potuto dirgli che cosa avrebbe potuto o non avrebbe potuto fare, quella notte
il mondo era suo.
Si strappò di dosso la canotta
ormai troppo stretta e con la sola forza del pensiero ne creò una più grande.
Uscì dal bagno e si fermò per un attimo a guardare una foto di una donna
incorniciata e appesa al muro, alla sua sinistra. Una donna stupenda: dallo
sguardo caldo e dolce e dai morbidi capelli scuri che le incorniciavano il viso
amabile.
Con il solo pensiero si ritrovò
fuori dal suo appartamento, per strada. Non c’era nessuno, ma gli sembrava di
captare come un’aurea di energia non troppo lontana. Era una persona, anche se
non avrebbe saputo dire che cosa lo rendeva tanto certo di quest’affermazione.
Si concentrò meglio: non poteva essere un’unica persona, dovevano essere almeno
in due. Poi ne avvertì un’altra, più lontana, che si stava muovendo verso le
altre due.
Le sue unghie si allungarono e si
inspessirono poderosamente fino a diventare degli artigli. Li usò,
conficcandoli nel muro, per arrampicarsi sul tetto del palazzo di fronte a
quello dove abitava.
Non sapeva che cosa voleva,
quella notte, ma voleva vedere la città dall’alto. Sapeva che poteva avere
tutto, sapeva anche, però, che di tutte le persone che vivevano intorno a lui
non riusciva ad avvertire la presenza, mentre di queste tre persone, sì.
Dovevano essere come lui.
Ma gliene interessava una in
particolare.
Si mise a correre sui tetti, i
quali, nonostante fossero diseguali, non rappresentavano per lui alcun problema
di equilibrio. Si accorse che l’aura si stava avvicinando, ma era comunque
dall’altra parte della strada. Scese dal tetto del palazzo con un balzo,
abbassando le gambe nel momento in cui toccò terra. Non aveva neanche
controllato se c’era qualcuno.
Si arrampicò come aveva fatto in
precedenza: era sicuro che l’altra aura stava correndo sui tetti.
Probabilmente, come lui, voleva vedere il mondo dall’alto.
La sentì arrivare, e anche lei
doveva essersi accorta di lui.
La scorse in lontananza. Si
muoveva agile correndo velocemente, e passava da un tetto all’altro con un
balzo. Sembrava più veloce di lui. Sembrava… una donna.
Quando giunse sul tetto dove si
trovava lui, si fermò.
Davide rimase immobile a
guardarla. Tutto il mondo sembrò fermarsi alla sua apparizione. Era…
indescrivibile. Nessuna parola per lui sarebbe stata appropriata per descrivere
la sublimità del suo viso elegante e fiero; dei suoi zigomi alti; delle labbra
carnose e rosee, degli occhi verdi, intensi e profondi, esaltati dalle
sopracciglia sottili e inarcuate, che le innalzavano lo sguardo; dei lunghi
capelli scuri e mossi. Aveva la pelle candida e pura, e così erano il collo e
le braccia nude. Indossava un vestito, Davide avrebbe osato dire azzurro, ma la
luce della Luna calante ormai morente non consentiva di affermarlo con
certezza. Era come fluido, leggermente mosso dalla brezza: avvolgeva
sensualmente il seno e si divideva invece intorno a una delle sue gambe a causa
di uno spacco.
E la sua aura era così… potente.
Era decisamente come lui: aveva
un potere davvero grande, di sicuro paragonabile al suo, ma di fronte a tanta
bellezza, Davide poteva soltanto sentirsi disarmato.
Sentiva che il cuore gli
martellava nel petto, e sentiva uno strano calore in tutto il corpo. La mente
era annebbiata, riusciva soltanto a continuare a bearsi della sua visione. Non
poteva essere umana, doveva essere… una Dea.
Osò avvicinarsi, continuando ad
osservarla. Anche lei sembrava molto interessata a lui, Davide non avrebbe
saputo dire per quale motivo, anche se dubitava che fosse per il suo stesso.
Si trovò davanti a lei, che non
si era mossa, ma continuava a guardarlo dritto negli occhi. Avrebbe voluto
toccarla, anche solo per accertarsi che non fosse un sogno.
Le sfiorò la pelle fresca della
guancia con un dito, ma paradossalmente gli parve di sentire un calore
infondersi nella mano attraverso il dito. Lei non si ritrasse, anzi, chiuse gli
occhi, come per godersi più intensamente le sue dite su di lei. I suoi capelli
- adesso lo vedeva bene - erano di un rosso scuro stupendo.
Avrebbe voluto baciarla. Era
chiedere troppo, forse, da una dea, ma sentiva questo impulso così forte dentro
di sé che era certo che sarebbe riuscito a reprimerlo.
Chiudendo gli occhi, si chinò per
baciarla…
Con uno scossone lei lo allontanò
leggermente.
Davide si riscosse leggermente.
Lo sapeva, aveva osato troppo, lei era troppo bella per…
Ma si accorse che lei sembrava
semplicemente concentrata su qualcos’altro. Dopo qualche secondo, Davide capì
cos’era: le due aure. La dea lo prese per mano e lo condusse assieme a lei
verso di loro.
Lui non pensava a niente. Non gli
interessava chi fossero le altre persone come loro, né sapere che cosa stessero
facendo, era molto più concentrato a godere la mano di lei nella sua.
Quando arrivarono la dea gridò:
«Ale!» e si lanciò contro un ragazzo.
Davide cercò di inquadrare la
scena: c’era un ragazzo che stava picchiando una ragazza, che a quanto pare la
dea conosceva, e che doveva chiamarsi Ale. Poi guardò meglio il ragazzo, che
respirava rumorosamente. Ma lui lo conosceva ! Era il suo amico, Fabio!
La ragazza si era nel frattempo
inginocchiata accanto a quella per terra, che sembrava svenuta, o in procinto
di svenire. Aveva i suoi stessi capelli dal colore stupendo, ma il volto era
tumefatto: un occhio nero e il sangue che le colava dalla bocca e dal naso. La
dea, emettendo una luce azzurrina dal palmo delle mani, iniziò a curarla.
Nel frattempo Davide notò che
Fabio non aveva gradito lo spintone e si stava già armando per scagliarsi
contro la ragazza. Davide gli si pose davanti. «Fabio, ma che fai? Smettila!»
gli gridò.
Fabio si riscosse e lo guardò.
«Davide?» chiese, sorpreso.
Dopo aver curato la ragazza
svenuta, la dea sgusciò velocissima addosso a Fabio, al punto che neanche lui
riuscì a vederla, con un coltello puntato contro la sua gola. Quasi soffiò
mentre parlava: «Non osare mai più alzare un dito contro di lei».
Fabio si teletrasportò a qualche
metro di distanza e sfoderò una spada che aveva appena creato.
«Altrimenti, che fai?»
Lei lo guardò con occhi di fuoco.
«No!» Davide gridò, ed
istintivamente dalle sua mani partì una lingua di fuoco, che si propagò di
fronte a lui, tra il suo amico e la dea.
Lei si voltò a guardarlo
accigliata.
«Ma che stai facendo, Fabio?»
disse Davide, portandosi l’altra mano davanti alla fronte, per proteggersi dai
primi raggi dell’alba. «Sei impazzito?»
«Ha cominciato lei!» sbottò. «È
venuta a rubare nel negozio dei miei e ha continuato ad istigarmi cercando
seriamente di uccidermi!»
«Poverino, certo!» lo schernì la
ragazza. «Ma io ho sentito la sua aura scendere! Sei tu che per poco non la
ammazzi»
«Non è per
quello che si è abbassata, ma perché stava svenendo!»
La ragazza ringhiò e si
teletrasportò al di là del fuoco, attaccando Fabio con una spada che aveva
creato a sua volta. «No! Fabio… No!»
Ma d’un tratto si sentiva debole.
Il sole nascente sembrava privarlo delle energie, cadde in ginocchio per terra
mentre notava che anche Fabio e la ragazza erano rallentati nei movimenti, e
sembravano spossati. Entrambi caddero in ginocchio come lui, e quando fu certo
che non si sarebbero più attaccati, si lasciò avvolgere dal sonno.
Risveglio
Si svegliò dopo qualche ora, con
la schiena dolorante. Quando aprì gli occhi si rizzò in piedi e si guardò
intorno, spaesato. Che ci faceva lì? Come c’era finito? Cosa era successo la
notte scorsa?
«Oh, guarda, si è svegliato!
Ciao» sentì dire.
Era ancora più confuso. Si
trovava su un tetto di un palazzo e non
era solo. Vide che Fabio, il suo amico, era sdraiato per terra, ancora
dormiva. Poi mise a fuoco una bella ragazza dai capelli rossi e lisci, che era
certo di non conoscere. Probabilmente quella che aveva parlato. «Ciao», gli era
venuta incontro e gli si era piazzata davanti. «ricordi qualcosa della notte
scorsa?»
Lui scosse la testa. Ma
all’improvviso ricordò il dolore, adesso era… diverso?
Fece comparire una fiammella
sulla punta del suo dito e subito dopo la fece svanire.
«Ottimo» commentò lei. «Vedo che
ti ricordi. Io sono quella che ieri notte era per terra svenuta, mi chiamo
Alessia».
«Davide», rispose lui. Eppure…
ancora tutto non quadrava.
Poi la vide: lo stesso viso angelico,
dal portamento fiero; gli stessi occhi intensi e profondi, la stessa innegabile
e abbagliante bellezza, come quella di una dea. Lei si massaggiò il collo. Era
diversa solo nell’abbigliamento: non più il candido vestito azzurro, ma una
maglietta nera con uno scollo che le lasciava scoperte le spalle, e dei jeans
aderenti.
Gli sorrise lievemente. «Lei è
mia sorella», disse Alessia.
«Sara».
Che ne pensate? ;) Vi è piaciuto??
QUALCHE INFO SULL’AUTRICE:
Monica Schianchi nasce a La Spezia dove si diploma al Liceo Classico Lorenzo Costa. Fin da piccola attratta dalla lettura e dalla scrittura, scriverà il suo primo libricino a otto anni completamente a mano come regalo di Natale per la sorella. A 13 anni termina il suo primo romanzo “Il Potere dell’Amore – le guerre dei Clan”, che sarà oggetto di una lunga revisione fino alla pubblicazione, avvenuta durante l’ultimo anno di Liceo. Attualmente studia Lettere Antiche all’Università di Torino. A Novembre 2014 l’autrice, insieme ad altri scrittori emergenti, partecipa al Pisa Book Festival, e molte altre fiere del libro sono in programma tra cui, confermata, il Modena Buk. L’autrice sta inoltre lavorando ad una nuova versione del romanzo “Il Potere dell’Amore – Le guerre dei Clan”, oltre che alla stesura di un nuovo libro autonomo.
Per altre informazioni su “Il Potere dell’Amore” e i suoi racconti potete fare un salto sulla sua pagina Facebook.
Monica Schianchi nasce a La Spezia dove si diploma al Liceo Classico Lorenzo Costa. Fin da piccola attratta dalla lettura e dalla scrittura, scriverà il suo primo libricino a otto anni completamente a mano come regalo di Natale per la sorella. A 13 anni termina il suo primo romanzo “Il Potere dell’Amore – le guerre dei Clan”, che sarà oggetto di una lunga revisione fino alla pubblicazione, avvenuta durante l’ultimo anno di Liceo. Attualmente studia Lettere Antiche all’Università di Torino. A Novembre 2014 l’autrice, insieme ad altri scrittori emergenti, partecipa al Pisa Book Festival, e molte altre fiere del libro sono in programma tra cui, confermata, il Modena Buk. L’autrice sta inoltre lavorando ad una nuova versione del romanzo “Il Potere dell’Amore – Le guerre dei Clan”, oltre che alla stesura di un nuovo libro autonomo.
Per altre informazioni su “Il Potere dell’Amore” e i suoi racconti potete fare un salto sulla sua pagina Facebook.
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