30 dicembre 2014

Oggi per voi il racconto di Monica Schianchi: Luna Calante

parole incantate davanti a una tazza sul blog letterario de le tazzine di yoko - rubrica racconti
Eccoci a un nuovo appuntamento con la nostra rubrica dedicata ai vostri racconti!

Le nostre parole incantate davanti a una tazza di oggi vi sono offerte dalla gentilissima scrittrice esordiente Monica Schianchi.
Luna Calante” è un racconto strano… con un tocco di paranormale che non guasta mai!
nel piattino abbiamo: paranormal 01 - compulsivamente lettrice - 5 croassant paranormal sul blog letterario de le tazzine di yoko

Luna Calante

di MONICA SCHIANCHI
La Dea

Si era creduto invincibile, fino a un secondo prima.
Si era sbagliato.
Non avrebbe mai potuto calcolare una creatura così infinitamente superiore, così potente.
E bella.

Si svegliò di soprassalto, Davide, avvertendo un forte dolore all’addome. Respirò affannosamente in cerca di ossigeno, mentre con la mano stringeva forte la canotta di fronte agli addominali. Cercò di regolarizzare il respiro, chiudendo gli occhi. Inspirò ed espirò per qualche secondo, e quasi gli parve che il dolore si attenuasse anche se non cessò del tutto. Si mise a sedere, cercando di stare il più calmo possibile. Si alzò in piedi, mordendosi il labbro per non mugugnare, e lentamente si diresse verso la finestra. La aprì e spalancò anche la persiana per far entrare più aria: era piacevolmente fresca. Chiuse gli occhi e si  godette il silenzio abbastanza omogeneo. Erano le quattro del mattino.
Poi sentì che il dolore tornava, più forte. Questa volta lo avvertì particolarmente vivo all’altezza del cuore, come se stesse lavorando più celermente del solito e ogni tanto venisse anche spietatamente schiacciato, compresso.
Si appoggiò al davanzale. Poi fece qualche passo, cercando un supporto nell’armadio. Camminò lentamente fino ad arrivare alla porta, per trascinarsi in bagno. Intanto il dolore all’addome era ricominciato, se possibile addirittura peggiorato, e si andava a sommare all’altro all’altezza del petto. Si appoggiò al lavandino e fece scorrere un po’ d’acqua dal rubinetto per rinfrescarsi il volto. Si accorse che scottava.
Improvvisamente il dolore si espanse ancora: arrivò fino agli arti, al collo, al volto. Quasi gridò e cadde a terra, gemendo, mentre l’acqua del rubinetto continuava a scorrere.

Freddo.
Cominciò a sentire troppo freddo. Poggiando le mani per terra si sollevò lentamente. Si accorse che il suo respiro era di nuovo regolare. Aprì gli occhi: gli sembrava di non aver mai visto tanti dettagli in quel bagno pure familiare. Si toccò l’addome. Il dolore era sparito all’improvviso.
Fece scrocchiare il collo prima da una parte e poi dall’altra. Inspirando si accorse di non aver mai annusato una così vasta gamma di odori, compreso il suo, di sudore.
Si lavò velocemente e soprattutto si sciacquò la faccia.
Si sentiva benissimo. Ancora di più: si sentiva potente: aveva la piena consapevolezza di poter fare qualsiasi cosa. Guardandosi allo specchio notò che le sue spalle erano più larghe, e così i pettorali e le braccia erano diventati più grandi e massicci. Notò poi che lo specchio sembrava essere un po’ troppo in alto rispetto al suo volto. Non era mai stato piccolo e magro, ma adesso era davvero enorme.
Ma che importanza aveva, dopotutto? Quella notte non era più lo stesso, quella notte nessuno avrebbe potuto dirgli che cosa avrebbe potuto o non avrebbe potuto fare, quella notte il mondo era suo.
Si strappò di dosso la canotta ormai troppo stretta e con la sola forza del pensiero ne creò una più grande. Uscì dal bagno e si fermò per un attimo a guardare una foto di una donna incorniciata e appesa al muro, alla sua sinistra. Una donna stupenda: dallo sguardo caldo e dolce e dai morbidi capelli scuri che le incorniciavano il viso amabile.
Con il solo pensiero si ritrovò fuori dal suo appartamento, per strada. Non c’era nessuno, ma gli sembrava di captare come un’aurea di energia non troppo lontana. Era una persona, anche se non avrebbe saputo dire che cosa lo rendeva tanto certo di quest’affermazione. Si concentrò meglio: non poteva essere un’unica persona, dovevano essere almeno in due. Poi ne avvertì un’altra, più lontana, che si stava muovendo verso le altre due.
Le sue unghie si allungarono e si inspessirono poderosamente fino a diventare degli artigli. Li usò, conficcandoli nel muro, per arrampicarsi sul tetto del palazzo di fronte a quello dove abitava.
Non sapeva che cosa voleva, quella notte, ma voleva vedere la città dall’alto. Sapeva che poteva avere tutto, sapeva anche, però, che di tutte le persone che vivevano intorno a lui non riusciva ad avvertire la presenza, mentre di queste tre persone, sì.
Dovevano essere come lui.
Ma gliene interessava una in particolare.
Si mise a correre sui tetti, i quali, nonostante fossero diseguali, non rappresentavano per lui alcun problema di equilibrio. Si accorse che l’aura si stava avvicinando, ma era comunque dall’altra parte della strada. Scese dal tetto del palazzo con un balzo, abbassando le gambe nel momento in cui toccò terra. Non aveva neanche controllato se c’era qualcuno.
Si arrampicò come aveva fatto in precedenza: era sicuro che l’altra aura stava correndo sui tetti. Probabilmente, come lui, voleva vedere il mondo dall’alto.
La sentì arrivare, e anche lei doveva essersi accorta di lui.
La scorse in lontananza. Si muoveva agile correndo velocemente, e passava da un tetto all’altro con un balzo. Sembrava più veloce di lui. Sembrava… una donna.
Quando giunse sul tetto dove si trovava lui, si fermò.
Davide rimase immobile a guardarla. Tutto il mondo sembrò fermarsi alla sua apparizione. Era… indescrivibile. Nessuna parola per lui sarebbe stata appropriata per descrivere la sublimità del suo viso elegante e fiero; dei suoi zigomi alti; delle labbra carnose e rosee, degli occhi verdi, intensi e profondi, esaltati dalle sopracciglia sottili e inarcuate, che le innalzavano lo sguardo; dei lunghi capelli scuri e mossi. Aveva la pelle candida e pura, e così erano il collo e le braccia nude. Indossava un vestito, Davide avrebbe osato dire azzurro, ma la luce della Luna calante ormai morente non consentiva di affermarlo con certezza. Era come fluido, leggermente mosso dalla brezza: avvolgeva sensualmente il seno e si divideva invece intorno a una delle sue gambe a causa di uno spacco.
E la sua aura era così… potente.
Era decisamente come lui: aveva un potere davvero grande, di sicuro paragonabile al suo, ma di fronte a tanta bellezza, Davide poteva soltanto sentirsi disarmato.
Sentiva che il cuore gli martellava nel petto, e sentiva uno strano calore in tutto il corpo. La mente era annebbiata, riusciva soltanto a continuare a bearsi della sua visione. Non poteva essere umana, doveva essere… una Dea.
Osò avvicinarsi, continuando ad osservarla. Anche lei sembrava molto interessata a lui, Davide non avrebbe saputo dire per quale motivo, anche se dubitava che fosse per il suo stesso.
Si trovò davanti a lei, che non si era mossa, ma continuava a guardarlo dritto negli occhi. Avrebbe voluto toccarla, anche solo per accertarsi che non fosse un sogno.
Le sfiorò la pelle fresca della guancia con un dito, ma paradossalmente gli parve di sentire un calore infondersi nella mano attraverso il dito. Lei non si ritrasse, anzi, chiuse gli occhi, come per godersi più intensamente le sue dite su di lei. I suoi capelli - adesso lo vedeva bene - erano di un rosso scuro stupendo.
Avrebbe voluto baciarla. Era chiedere troppo, forse, da una dea, ma sentiva questo impulso così forte dentro di sé che era certo che sarebbe riuscito a reprimerlo.
Chiudendo gli occhi, si chinò per baciarla…
Con uno scossone lei lo allontanò leggermente.
Davide si riscosse leggermente. Lo sapeva, aveva osato troppo, lei era troppo bella per…
Ma si accorse che lei sembrava semplicemente concentrata su qualcos’altro. Dopo qualche secondo, Davide capì cos’era: le due aure. La dea lo prese per mano e lo condusse assieme a lei verso di loro.
Lui non pensava a niente. Non gli interessava chi fossero le altre persone come loro, né sapere che cosa stessero facendo, era molto più concentrato a godere la mano di lei nella sua.
Quando arrivarono la dea gridò: «Ale!» e si lanciò contro un ragazzo.
Davide cercò di inquadrare la scena: c’era un ragazzo che stava picchiando una ragazza, che a quanto pare la dea conosceva, e che doveva chiamarsi Ale. Poi guardò meglio il ragazzo, che respirava rumorosamente. Ma lui lo conosceva ! Era il suo amico, Fabio!
La ragazza si era nel frattempo inginocchiata accanto a quella per terra, che sembrava svenuta, o in procinto di svenire. Aveva i suoi stessi capelli dal colore stupendo, ma il volto era tumefatto: un occhio nero e il sangue che le colava dalla bocca e dal naso. La dea, emettendo una luce azzurrina dal palmo delle mani, iniziò a curarla.
Nel frattempo Davide notò che Fabio non aveva gradito lo spintone e si stava già armando per scagliarsi contro la ragazza. Davide gli si pose davanti. «Fabio, ma che fai? Smettila!» gli gridò.
Fabio si riscosse e lo guardò. «Davide?» chiese, sorpreso.
Dopo aver curato la ragazza svenuta, la dea sgusciò velocissima addosso a Fabio, al punto che neanche lui riuscì a vederla, con un coltello puntato contro la sua gola. Quasi soffiò mentre parlava: «Non osare mai più alzare un dito contro di lei».
Fabio si teletrasportò a qualche metro di distanza e sfoderò una spada che aveva appena creato.
«Altrimenti, che fai?»
Lei lo guardò con occhi di fuoco.
«No!» Davide gridò, ed istintivamente dalle sua mani partì una lingua di fuoco, che si propagò di fronte a lui, tra il suo amico e la dea.
Lei si voltò a guardarlo accigliata.
«Ma che stai facendo, Fabio?» disse Davide, portandosi l’altra mano davanti alla fronte, per proteggersi dai primi raggi dell’alba. «Sei impazzito?»
«Ha cominciato lei!» sbottò. «È venuta a rubare nel negozio dei miei e ha continuato ad istigarmi cercando seriamente di uccidermi!»
«Poverino, certo!» lo schernì la ragazza. «Ma io ho sentito la sua aura scendere! Sei tu che per poco non la ammazzi»
«Non è per quello che si è abbassata, ma perché stava svenendo!»
La ragazza ringhiò e si teletrasportò al di là del fuoco, attaccando Fabio con una spada che aveva creato a sua volta. «No! Fabio… No!»
Ma d’un tratto si sentiva debole. Il sole nascente sembrava privarlo delle energie, cadde in ginocchio per terra mentre notava che anche Fabio e la ragazza erano rallentati nei movimenti, e sembravano spossati. Entrambi caddero in ginocchio come lui, e quando fu certo che non si sarebbero più attaccati, si lasciò avvolgere dal sonno.

Risveglio

Si svegliò dopo qualche ora, con la schiena dolorante. Quando aprì gli occhi si rizzò in piedi e si guardò intorno, spaesato. Che ci faceva lì? Come c’era finito? Cosa era successo la notte scorsa?
«Oh, guarda, si è svegliato! Ciao» sentì dire.
Era ancora più confuso. Si trovava su un tetto di un palazzo e non era solo. Vide che Fabio, il suo amico, era sdraiato per terra, ancora dormiva. Poi mise a fuoco una bella ragazza dai capelli rossi e lisci, che era certo di non conoscere. Probabilmente quella che aveva parlato. «Ciao», gli era venuta incontro e gli si era piazzata davanti. «ricordi qualcosa della notte scorsa?»
Lui scosse la testa. Ma all’improvviso ricordò il dolore, adesso era… diverso?
Fece comparire una fiammella sulla punta del suo dito e subito dopo la fece svanire.
«Ottimo» commentò lei. «Vedo che ti ricordi. Io sono quella che ieri notte era per terra svenuta, mi chiamo Alessia».
«Davide», rispose lui. Eppure… ancora tutto non quadrava.
Poi la vide: lo stesso viso angelico, dal portamento fiero; gli stessi occhi intensi e profondi, la stessa innegabile e abbagliante bellezza, come quella di una dea. Lei si massaggiò il collo. Era diversa solo nell’abbigliamento: non più il candido vestito azzurro, ma una maglietta nera con uno scollo che le lasciava scoperte le spalle, e dei jeans aderenti.
Gli sorrise lievemente. «Lei è mia sorella», disse Alessia.
«Sara».

Che ne pensate? ;) Vi è piaciuto??

QUALCHE INFO SULL’AUTRICE:
Monica Schianchi nasce a La Spezia dove si diploma al Liceo Classico Lorenzo Costa. Fin da piccola attratta dalla lettura e dalla scrittura, scriverà il suo primo libricino a otto anni completamente a mano come regalo di Natale per la sorella. A 13 anni termina il suo primo romanzo “Il Potere dell’Amore – le guerre dei Clan”, che sarà oggetto di una lunga revisione fino alla pubblicazione, avvenuta durante l’ultimo anno di Liceo. Attualmente studia Lettere Antiche all’Università di Torino. A Novembre 2014 l’autrice, insieme ad altri scrittori emergenti, partecipa al Pisa Book Festival, e molte altre fiere del libro sono in programma tra cui, confermata, il Modena Buk. L’autrice sta inoltre lavorando ad una nuova versione del romanzo “Il Potere dell’Amore – Le guerre dei Clan”, oltre che alla stesura di un nuovo libro autonomo.
Per altre informazioni su “Il Potere dell’Amore” e i suoi racconti potete fare un salto sulla sua pagina Facebook.
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