Buon giorno cuplover,
sono rispuntata in questa afosissima giornata per parlarvi di un manga yaoi carinissimo: “Ten Count” di Rihito Takarai. Tutti quelli che mi conoscono sanno che ultimamente la fushoji che era in me si è risvegliata e mi sono dedicata molto a questo tipo di letture.
Molti manga di questo genere hanno trame davvero pessime, ma Ten Count è un piccolo gioiellino (almeno per ora) e quindi ho pensato di proporvelo.
nel piattino abbiamo: yaoi
Ten Count
Titolo italiano: ancora sconosciutodi Rihito Takarai
VOLUMI: 5 (in corso)
annunciato da Jpop
RECENSIONE DI MIKI:
Un bel manga, quattro tazzine tonde tonde.
Shirotani Tadaomi è il segretario di un dirigente di una grande compagnia che soffre di misofobia. L’uomo infatti portare costantemente i guanti e evita qualunque contatto fisico. Sembra che per lui anche solo stringere la mano di qualcuno sia impossibil.
Un giorno, a causa di un incidente, la sua strada incrocia quella di Riku Kurose, uno psichiatra, che gli offre il suo aiuto per curare la misofobia. L’uomo propone a Shirotani di scrivere sul suo taccuino un elenco di dieci cose mettendo al primo posto quella che sicuramente sarebbe riuscito a portare a termine, mentre all’ultimo quella che gli sembrava più impossibile.
Shirotani prova a scriverlo, lasciando però l’ultimo numero vuoto, incapace di pensare a cosa metterci.
Kurose gli propone di aiutarlo come amico a vincere la sua misofobia, completando le cose segnate sull’elenco… ma ben presto quella che è nata come un’amicizia inizia a cambiare e le cose per Shirotani prenderanno pieghe a dir poco inaspettate…
Rihito Takarai è una delle rare mangaka che disegna yaoi e che riesce a creare delle storie interessanti e coinvolgenti, in cui la trama ha sempre un suo spessore e un suo intreccio particolarmente curato anche se a volte non troppo complicato. Ten Count non fa eccezione: i personaggi qui sono molto sfaccettati e interessanti, niente di quello che succede nella storia è buttato lì a caso ma ha una sua ragione specifica. Certo i sentimenti dei protagonisti fanno da filo conduttore e le vicende non hanno pieghe tali da ripercuotersi su larga scala, come accadeva ad esempio in Blood Bank, ma questo non significa che manchi di spessore.
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