25 settembre 2016

Un extra inedito su "Le cesoie di Busan"!

Karen Waves le tazzine di yoko
Buongiorno cucchiaini :) oggi la nostra special guest Karen Waves ci fa un super super regalino: un extra inedito solo per noi!!!
L’extra è ovviamente dedicato alla sua serie de La studentessa e il potatore ed è da inserire poco oltre la metà del primo libro. Una scena che probabilmente molti dei suoi lettori aspettavano: il primo dialogo (da soli) tra Yae-rim e Won-ho. Come sarà andata? Il fascino rude di Won-ho avrà fatto effetto alla glaciale e altera coinquilina di Ballentina?


Won-ho ha sempre saputo che una ragazza elegante e ricca come Yae-rim non poteva che guardare con sospetto un povero potatore come lui, quindi all’inizio della sua storia con Valentina si è tenuto a distanza di sicurezza e ha evitato di incontrarla da solo (chissà, forse temeva che lei gli imponesse il makeover che tanto avrebbe voluto fare alla sua coinquilina). Un giorno, però, Valentina torna a casa in ritardo e Won-ho non ha scelta se non affrontare la tigre di Busan…

BUSAN, aprile 2014
Dopo una lunga giornata passata a fare surf, Won-ho non vede l’ora di stare con Valentina, che gli ha promesso lasagne al ragù per cena, gli ha consentito in via del tutto eccezionale di scegliere il film da vedere e ha fortemente sottinteso che un invito a passare la notte da lei non era così fuori discussione. Ansioso di conciliare la sua adorata ma suscettibile ragazza veneta, Won-ho si è presentato in perfetto orario, ancora salato di mare come lei lo preferisce, e armato di una capiente scatola di cioccolatini.
“Kwon Won-ho-ssi,” dice sdegnosa Yae-rim, aprendo la porta. L’onorifico è quello rispettoso riservato a persone che non si conoscono bene, ma il tono quello di chi non è sicuro di che cosa abbia davanti. Yae-rim calza tacchi da quindici centimetri e guarda il fidanzato-ma-non-proprio della sua barbara coinquilina dall’alto. La veduta aerea non lo migliora.
“Kim Yae-rim-ssi,” risponde Won-ho, con voce neutra, perché non sarebbe saggio offendere la donna sotto il cui tetto e con la cui amica ha in programma di compiere inaudite e piacevoli nefandezze.
Imperiale e magnanima, Yae-rim annuisce, ma non si fa da parte.
“Ballentina non c’è,” gli annuncia con un’intonazione che rasenta ma non raggiunge il rammarico. Won-ho la guarda. Dopo pochi secondi, Yae-rim aggiunge: “Mi dispiace”.
“Mi ha scritto che sta arrivando.”
“Si sarà persa.”
“Valentina non si perde.”
Pausa. Won-ho sa pronunciare il nome della barbara e Yae-rim no. Ne prendono atto e Won-ho si concede l’angolino timido ma trionfante di un sorriso. Yae-rim lo guarda con l’astio che riserva, in genere, alle scarpe della collezione della stagione precedente.
Si osservano. Da una parte c’è Yae-rim, rilassata per la serata casual che ha promesso a oppa dopo un’intensa settimana di cene di gala. Si è messa un miniabito sportivo di Ralph Lauren, trucco leggero (quel minimo di primer correttore fondotinta cipria blush ombretto eyeliner mascara fissante e contouring sopracciglia senza cui nessuno dovrebbe farsi mai vedere, come ha spiegato quella mattina a Valentina inseguendola con la BB cream). A distanza così ravvicinata, spande un profumo costoso ma discreto.
Anche Won-ho si è vestito per una serata casual, in shorts, scarpe da ginnastica e canotta. Ha la pelle spolverata di bianco del sale che non si è lavato di dosso. Così da vicino odora di mare, sabbia e della cera con cui ha pulito la tavola da surf.
Messi sullo stesso pianerottolo sembrano due bambole lasciate per caso l’una accanto all’altra da bambine con interessi opposti. Del resto, l’unica cosa che hanno in comune è la barbara che non ha fatto loro la grazia di tornare a casa puntuale per evitare questo incontro poco promettente.
“Potresti aspettarla qui, se vuoi,” offre alla fine Yae-rim.
“Grazie, solo se non disturbo,” le risponde lui, quasi ottocentesco nella sua compitezza. Guardandola meglio, non è del tutto certo che la pelle alabastrina di Yae-rim abbia pori.
lei-coreana-ragazza “Nessun disturbo,” risponde lei facendosi da parte. Mentre gli chiude la porta alle spalle, Yae-rim si domanda se sarebbe da considerarsi aggressione perseguibile per legge annaffiarlo veloce con dell’acqua e spargergli addosso un po’ del suo bagnoschiuma francese. Perfino quella barbara di Ballentina dovrebbe apprezzare il miglioramento. Tuttavia, prima di poter mettere in atto il suo piano, viene distratta dal fatto che Won-ho si è tolto le scarpe e si sta mettendo le ciabatte che Valentina gli ha fatto lasciare lì per quando viene in visita. Delle banalissime infradito non di marca, constata tristemente Yae-rim.
Ha tante altre qualità, ne sono certa, si dice sentendo arrivare un attacco di panico. Peccato che per Kim Yae-rim le spalle larghe, gli addominali scolpiti e le braccia muscolose di Kwon Won-ho siano soltanto un altro sintomo del suo essere un irredimibile contadino. Ma dopotutto, riflette lei, è per questo che è così adatto alla sua barbara, che altrimenti spezzerebbe come un giunco un ragazzo più gracile. Il nasino delicato, le labbra morbide e le orecchie piccole che tanti pessimi sogni a occhi aperti hanno ispirato a Valentina (sogni che, naturalmente, ha subito represso) non hanno effetto su Yae-rim, che esige dai suoi pretendenti il profilo cesellato di una statua greca rivista secondo lo standard di Seoul.
“Puoi accomodarti… di là” dice riluttante, indicandogli il salotto e rassegnandosi al fatto che perfino i contadini, se in una relazione con la propria coinquilina, non si possono parcheggiare in cucina dopo aver intimato loro di non toccare nulla.
A essere giusti, all’idea di doversi sedere sugli impeccabili divani con i pantaloni che usa per andare al mare anche Won-ho sembra vacillare. All’improvviso vorrebbe dire a Yae-rim che si è giust’appunto ricordato di dover comprare qualcosa di importante e irrinunciabile, come per esempio una bella tela cerata su cui accomodarsi quando si trova in questo appartamento così intimidente al di fuori della camera di Valentina (un posto che ha ampiamente colonizzato, e nella quale si trova ormai a suo agio).
Invece si siede, osservando con dolore la spolverata di spiaggia che si lascia dietro sul tappeto. Won-ho guarda la sabbia. Yae-rim guarda Won-ho. Poi con il fine, nobile sospiro di una nobildonna francese che va alla ghigliottina si siede sul secondo divano.
“Non ti ho chiesto se posso offrirti qualcosa,” gli chiede con un sorriso che a occhi estranei potrebbe sembrare cordiale, “Magari del tè.”
Qualcosa dice a Kwon Won-ho che Kim Yae-rim gli servirebbe tè raccolto a mano da monaci tibetani e versato in tazzine giapponesi risalenti all’epoca degli shogun. La stessa voce gli suggerisce, insistente, che una tazzina del genere gli sfuggirebbe di mano, si rovescerebbe sul divano macchiandolo e poi si frantumerebbe sul tappeto. Prudente, risponde no, grazie.

lui-coreano-ragazzo“Prego,” replica radiosa Yae-rim, che capisce finalmente cosa intendeva la direttrice del collegio svizzero nel quale un tempo passava l’estate quando le diceva che le buone maniere non ci abbandonano mai. Perfino in esilio tra barbare e potatori può rimanere la principessa di cui la direttrice sarebbe fiera. Il sorriso di Won-ho, invece, è talmente stirato da fargli male alla bocca.
E poi su di loro discende implacabile il silenzio di quelli che hanno in comune soltanto la donna con cui l’uno gira gioioso per frutteti e l’altra condivide un’allegra relazione di mutuo e affettuoso dileggio.
“Dunque,” dice Won-ho, cosciente che è stata Yae-rim l’ultima a tentare di fare conversazione, e che ora sarebbe cavalleresco da parte sua trovare un argomento.
“Allora,” lo incoraggia Yae-rim, che ha tanta fiducia nelle capacità affabulatorie di Won-ho quanto nello stile di Valentina.
“Dicevamo,” dice ancora lui, determinato a non arrendersi prima di aver provato tutta la gamma di riempitivi a disposizione nella lingua coreana.
“Per l’appunto,” lo puntella Yae-rim, con il sorriso affilato come lo stiletto che ha ammaliato oppa e che gela il sangue nelle vene di Won-ho.
Won-ho si guarda intorno, alla disperata ricerca di qualcosa di cui parlare. Vede tinte pastello di cui non conosce i nomi, una televisione dallo schermo tanto piatto da essere quasi invisibile e sente nell’aria il profumo sempre più delicatamente insistente di Yae-rim. Il giornale vecchio di tre giorni sul tavolino reca in prima pagina le notizie di due colpi di stato, di tre attentati terroristici e dell’ultima querelle parlamentare coreana, un argomento spinoso nel quale Won-ho non si addentrerebbe senza prima avere una dichiarazione giurata che la persona con cui sta parlando è d’accordo con lui in partenza.
Infine, nota con sollievo due polaroid che sbucano dalle pagine e chiede: “Voi ragazze siete andate da qualche parte?”.
“Ah no! Quelle sono di Ballentina.”
Yae-rim si getta sulla domanda con l’entusiasmo di un leone affamato che scorge un’antilope zoppa.
“Sono foto del suo paesino barbaro! Devo confessare che ha un certo rustico charme, anche se non ci passerei più del tempo necessario a farmi un selfie.”
E poi, notata la faccia di un potatore per cui il rustico charme di un paesino sperduto sarà sempre il massimo della delizia, gliele mette in mano con fare incoraggiante.
“Ecco qui.”
Won-ho osserva le foto come se la sua vita dipendesse da esse (e più a lungo le guarda, più tempo passerà prima di dover parlare di nuovo a Yae-rim).
Il paesino di Valentina è ai piedi delle montagne, e la prima foto gli mostra un paesaggio spolverato di bianco, case aggrappate ai margini di una collina punteggiata da torri, e un ponte coperto di legno a cavallo di un fiume tirato a lucido nel freddo che riesce a immaginare persino nella primavera busanese. La seconda, invece, sembra essere stata scattata d’estate: ci sono le stesse montagne sullo sfondo ma ora sono verdi di foglie, e il fiume è vicino, trasparente, blu e verde come vetro, e le sue rive non sono bianche di neve ma grigie di ciottoli.
“È bello” dice piano, perché le due foto sembrano cartoline da un altro mondo. Ma anche perché Valentina, come lui, sembra essere cresciuta schiacciata tra le alture e l’acqua, e pur nel paesaggio alieno di quelle foto, se la sente più vicina.
“Come si chiama?” chiede Won-ho, con leggerezza, come se non gli importasse. Valentina gli ha parlato di Padova, dell’università, della pianura, ma non di questa bellezza straniera e attraente.

lei-coreana-ragazza“Bassano,” risponde Yae-rim, disinvolta, come se non nutrisse forti dubbi sulla pronuncia corretta. Detto nel suo accento, assomiglia moltissimo a Busan.
“Bassano,” ripete Won-ho, che ha sentito abbastanza italiano massacrato dai suoi compagni di corso da avere idee fondate su come si dovrebbe scrivere. Dopo, con la precisione con cui riempie sempre le sue lacune, lo cercherà su internet. E per un momento si immagina, lui che è un ragazzo di mare, a passeggiare con la sua ragazza acida sugli argini innevati di quel fiume il cui nome non conosce ma che imparerà.
Prima di sentire il beep indignato del tastierino e la porta d’ingresso aprirsi con uno scatto.
“Ballentina!” saluta gioiosa Yae-rim, andando incontro alla sua coinquilina con un evidente e contagioso sollievo.
“Yae-rim,” risponde Valentina, tenendosi a distanza di sicurezza per non farle sistemare la sua coda arruffata. Vede Won-ho e fa una smorfia.
“Potatore,” dice, sollevando la borsa della spesa, “Una ajumma si è seduta sul pacchetto. Niente lasagne.”
“Me ne farò una ragione,” le risponde lui, che già sta meditando di cospargere direttamente lei di besciamella. Le va incontro. E lascia le foto sul tavolo, sotto il giornale, come un segreto che ha imparato e che intende mantenere.
La Waves sa come viziarci con queste piccole chicche xD Vi è piaciuto? :)

serie La studentessa e il potatore

  1. Le cesoie di Busan
    1.5 Bad Girl _pdv di Won-ho
  2. Il titolista di Bassano
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2 commenti

  1. Amo questo extra e adoro Yae-rim - specialmente quando me la immagino inseguire Valentina per casa armata di cosmetici. xD

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