28 giugno 2016

1^ tappa blogtour + giveaway dedicato a “Aibofobia”: intervista all’autrice

Amanti dei thriller e della suspense questo post è per voi;)
Oggi innauguriamo il blogtour dedicato a “Aibofobia” di Mariachiara Moscoloni, un thriller psicologico con un pizzico di esoterismo.

Partecipare al giveaway e cercare di vincerne una copia cartacea non è mai stato così semplice, vi basterà commentare le tappe del blogtour e, se ancora non lo avete fatto, mettere mi piace alla pagina facebook dedicata al libro.
Aibofobia blotour le tazzine di yoko
A noi oggi spetta invitarvi al nostro tavolino virtuale con l’autrice, ma eccovi prima la trama e qualche dato in più sul libro per stuzzicare la vostra curiosità:
nel piattino abbiamo:  contemporaneo 01 - compulsivamente lettrice - 8 torta contemporanei sul blog letterario de le tazzine di yoko / trhiller 01 - compulsivamente lettrice - 4 cupcake gialli sul blog letterario de le tazzine di yoko

Aibofobia

Mariachiara Moscoloni
Edito da I Sognatori (2016)
Pagine 170
€ 13,90 cartaceo
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TRAMA DELL’EDITORE
Raffaele Amaldi è un tranquillo libraio che un giorno viene accusato di aver commesso un orribile omicidio, consumato all’interno di un convento. A suo dire, però, è solamente colpevole di essersi addormentato in macchina – nei pressi della scena del crimine – poco prima che agisse il killer. A prendere le sue difese ci saranno Alfonso Galilei, avvocato col pallino dell’investigazione, e la sua segretaria Agata, introversa ragazza dal passato burrascoso. Nel momento in cui un secondo cadavere viene rinvenuto in un altro luogo sacro, le indagini prendono una piega ancora più inquietante…

Vi sembra interessante?
Leggete la nostra conversazione con l’autrice ne saprete ancora di più ;)

Intervista a Mariachiara Moscoloni A CURA DI YOKO
Benvenuta al nostro tavolino virtuale Mariachiara, che cosa ti posso offrire? Te, caffè? Abbiamo dei deliziosi muffin.
Ciao! Un posto delizioso qui. Grazie, caffè. Se è possibile lungo e senza zucchero.
  • La prima domanda d’obbligo, a cui ormai sarai super abituata, è ovviamente chi è Mariachiara lontano dal suo amore per la lettura. Come occupi le tue giornate, quali sono i tuoi altri hobbies… insomma, dicci qualcosa di te che non sappiamo.
Sono pigra, distratta e curiosa. Posseggo tutti i difetti dei gatti e come loro mi crogiolo in casa, fra le mie comode poltrone e le mie piantine. Contemplo la vita. Provo nostalgia per epoche mai vissute, mi piacciono i film in bianco e nero. Spesso, in piena notte, accendo la televisione (sempre sintonizzata su un canale che trasmette film degli anni ’50 e ‘60) e mi lascio ipnotizzare dalle immagini, cullare dal sonoro. Nei fine settimana cerco di essere più terrena: il sabato e la domenica sono dedicati alla pizza e alla birra, in quantità esagerate. Insomma: contemplativa sì, ma con forti tendenze epicuree.
  • Il tuo ultimo libro letto?
L’uomo a rovescio di Fred Vargas. Un thriller accattivante sin dal titolo e dall’idea di partenza: un assassino spietato che uccide con la tecnica di un lupo, sgozzando le sue prede. In alcuni s’insinua il sospetto che si possa trattare di un lupo mannaro (secondo una leggenda i lupi mannari sarebbero uomini double face: glabri all’esterno, con una folta pelliccia all’interno). Fred Vargas è una maestra del genere: ambientazioni curate nei dettagli, personaggi originali e dialoghi scoppiettanti, il tutto condito da una grande ironia. Poi, detto per inciso, è un libro che mi ha fatto l’occhiolino in un mercatino dell’usato che frequento spesso, e io amo i libri che mi vengono a cercare.
  • E se ti chiedessi quale è la tua fiaba preferita?
Facile: Pollicino! Quando ero piccola avevo la collezione di “Fiabe Sonore”, sai quelle che potevi seguire con il disco 45 giri e iniziavano tutte con la canzoncina “A mille ce n’è…”. Beh, quelli della mia generazione ci sono cresciuti con queste fiabe. La fiaba di Pollicino era narrata nella sua versione più cruenta, come nell’originale di Charles Perrault: Pollicino, non fidandosi dell’Orco, di notte decide di scambiare il suo berrettino e quello dei fratelli con le coroncine delle orchessine, e fa bene: l’Orco entra al buio per sgozzarli e, tastando le teste, sceglie i berrettini, uccidendo così le sue amate figlie.
Fin da piccola ero un’amante del genere. Per me non esistevano principesse da salvare o principi da sposare, ma orchi da ingannare e streghe da uccidere, e il più delle volte provavo compassione per quei villains beffati da furbi nanerottoli.
  • Che scelta singolare… da “Pollicino” al tuo scrivere thriller sono sicura che ne passa di acqua sotto i ponti, cosa ti ha fatto avvicinare a questo genere?
Da “Pollicino” ai giorni nostri è stato un crescendo: dal macabro al grottesco, dal grottesco all’incubo e dall’incubo all’orrore. Ho trascorso l’adolescenza leggendo Edgar Allan Poe, Dylan Dog e Stephen King.
  • Le tue letture sono in prevalenza di questo genere o leggi anche altro?
Leggo di tutto. Di un romanzo ammiro l’ambientazione caratteristica, il dialogo arguto (ancora meglio se ironico e tagliente), la trovata geniale, possibilmente il finale inaspettato. Non è raro che molti romanzi deludano proprio nelle ultime pagine il che è un vero peccato.
Non a caso la mia scrittrice preferita è Amélie Nothomb, un’autrice non di genere, che riesce a dosare con grande maestria gli ingredienti di cui ti parlavo.
  • Ebook o cartaceo, quale preferisci tra i due?
Non ne faccio una questione di principio. Potrei leggere qualsiasi cosa, su qualsiasi supporto. Se fossi costretta, persino sulla pietra. Il problema è che io amo conservare le cose, e sono una feticista dell’oggetto libro. La presenza di una libreria in casa mi rassicura. Ce n’è una piuttosto grande e fornita nella mia camera da letto, che si snoda a ponte, proprio sopra la mia testa. Se un giorno le mensole dovessero cedere sotto il peso di tutti quei volumi, sappiate che morirò felice: nel sonno e ricoperta di libri.
Il tuo ultimo libro, “Aibofobia”, è un thriller psicologico che sembra essere particolarmente inquietante solo a leggerne la trama… chi si vorrebbe vedere additato di omicidio non essendone il colpevole?!
  • Come è nata l’idea di questo romanzo?
Accidenti! Non riesco a spiegare com’è nata l’idea senza spoilerare la trama, il che mi dispiacerebbe, trattandosi di un thriller. Perché l’idea è tutta lì, nel finale sconvolgente. Una cosa però la posso dire: in parte mi hanno ispirato una curiosa guida turistica intitolata “Guida ai misteri e segreti del Lazio”, trovata per caso nella libreria di uno zio, e la mia innata passione per l’esoterismo.
  • Nella mia ignoranza ammetto di essere andata a cercare il significato di questo titolo e di aver scoperto l’esistenza dei palindromi, ma lascio spiegare a te cosa significhi Aibofobia ai nostri cucchiaini.
L’Aibofobia in realtà non è una vera e propria fobia, è un termine palindromo (quindi con una sequenza di caratteri che letta al contrario rimane invariata) utilizzato per indicare una fantomatica paura dei palindromi. In sostanza un paradosso. Ecco un’altra cosa per cui vado matta: i paradossi.
  • Perché la scelta di questo titolo? Cosa c’entra con la trama?
Ti dirò un segreto: all’inizio avevo pensato a un titolo diverso. Si trattava di un titolo che alludeva a quel finale sconvolgente cui accennavo poco fa. Poi facendo le mie ricerche, e ti assicuro che ne ho fatte tante per scrivere questo thriller, sono incappata quasi per caso nella parola “aibofobia” riportata in una rubrica dell’enigmista Stefano Bartezzaghi. Sbam! Il titolo del mio romanzo non poteva essere un altro!
  • Detto fra noi incuriosisce parecchio.
    In “Aibofobia” hai messo in campo tre singolari personaggi, parlaci di queste tre pedine della tua scacchiera.
Raffaele, il principale indiziato dei delitti, è un libraio che alterna la sua vita fra le fantasie ispirate dalle storie contenute nei romanzi (ne ha a disposizione molti, considerando la sua professione) e fugaci relazioni con prostitute. Un uomo tormentato e deluso che si consola con surrogati di vita, uno di quegli uomini maledetti che finiscono inevitabilmente con l’attrarre le donne.
Alfonso è l’avvocato difensore di Raffaele. Un tipo ostinato e orgoglioso, che nella sua vita cede solo ai ricatti della carne, nel senso di pietanza ben cotta e condita, servita su un piatto fumante, e magari accompagnata da un buon vino d’annata.
Per finire, Agata, la giovane segretaria dello studio legale. Una ragazza introversa, ma precisa e corretta nel suo lavoro.
  • Se dovessero proporti di fare una trasposizione cinematografica quali attori ci vedresti nei loro panni?
Aibofobia dreamcast le tazzine di yokoAmo gli attori francesi. La ragione è puramente fisiognomica: hanno tratti caratteristici, che sembrano marchiati col fuoco stesso delle passioni che li animano. Ho tre attori francesi che fanno proprio al caso nostro:
Charlotte Gainsbourg, interprete indimenticabile, fra le altre cose, di “Jane Eyre” di Zeffirelli, “Io non sono qui” di Haynes e “Melancholia” di Lars von Trier, sarebbe una perfetta Agata.
Gérard Depardieu e il suo stomaco prominente incarnerebbero in maniera esemplare la figura di Alfonso e le sue… rotondità.
Per concludere in bellezza, ormai ebbra del potere che mi avete conferito, dico che Vincent Cassell sarebbe un ottimo Raffaele.
  • A proposito di cinema, ho letto un articolo in cui Aldo Moscatelli, l’editore di “Aibofobia”, presenta la tua opera paragonandola ai thriller cinematografici italiani di registi come Martino, Lenzi, Crispino. Tu che ne pensi di quel cinema e di quel filone culturale che ha animato l’Italia degli anni sessanta e settanta?
Tutto il bene possibile. Parliamo di film polizieschi come “Milano odia: la polizia non può sparare”, “Milano trema, la polizia vuole giustizia” e di thriller come “Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave” , “L’etrusco uccide ancora”… insomma un filone d’oro per me che sono un’appassionata del genere.
Ci sono registi italiani di quell’epoca, oggi completamente dimenticati, che hanno realizzato pellicole di tutto rispetto, e che perfino Tarantino cita nei suoi film, chiedendosi con rammarico che fine abbia fatto quell’Italia lì. Beh me lo chiedo anch’io: che fine ha fatto? L’unica risposta che mi viene in mente è questa: agonizzante sotto il peso invincibile dei propri complessi d’inferiorità. Non a caso, adesso parlo della letteratura, sembra che ci si vergogni quasi ad adottare nomi italiani per i propri personaggi e altrettanta vergogna nell’ambientare in Italia le proprie trame. Questa cosa non ha senso.
il grimorio del lago le tazzine di yoko
E non ha senso nemmeno far riferimento sempre alle stesse storie e qui cito Tarantino “ragazzo che cresce, ragazza che cresce, coppia in crisi, genitori, vacanze per minorati mentali”. Un ritorno al genere l’ho notato finalmente con il film “Lo chiamavano Jeeg Robot”, e il mio cuore ha esultato. Adesso spero che anche la letteratura italiana faccia un passo simile. Lo spero davvero.
  • Siamo alla fine della nostra intervista ma ti vorrei ancora chiedere quali sono i tuoi progetti “letterari” del futuro, hai già un nuovo romanzo nel cassetto?
Che peccato mi stavo divertendo tantissimo! Comunque, sì, c’è un romanzo ormai in attesa di essere pubblicato, s’intitola “Il Grimorio del Lago – L’eredità” ed è il seguito di un romanzo drammatico esoterico edito dalla Brigantia Editrice. Fra una pausa e l’altra mi sto dedicando a qualcosa di diverso. Una storia cattiva, popolata da personaggi spietati e condita da sentimenti violenti.
Questa volta vincerà l’orco. A Pollicino, mi dispiace per lui, resteranno solo le briciole.

Povero Pollicino.
Grazie di averci tenuto compagnia durante questa merenda virtuale …e in bocca al lupo per il tuo libro!
:)
Grazie a voi! Il caffè era delizioso.

La nostra “bevuta in compagnia” dell’autrice si conclude qui, prossimo appuntamento col blogtour l’1 luglio sul blog E’scrivere!
Trovate l’evento su facebook QUI per tenervi sempre aggiornati.
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